When Rock meets Disco
di Cristina Tassinari
Cristina Tassinari ha incontrato Luca De Gennaro che, come un fiume in piena, ha raccontato molto del suo ultimo libro “Pop Life – 1982-1986 – i cinque anni d’oro della musica”, 2022 Rizzoli Lizard.
CT: Luca De Gennaro, famosissimo conduttore, Radio Capital nonché altre professionalità che sono ovviamente associate alla tua immagine; Pop Life, che stai continuando a presentare in giro per l’Italia, parla di un’epoca meravigliosa che parte dal 1982, perché proprio da questo anno?
LDG: perché è un anno in cui sono successe due cose che hanno segnato una forte differenza tra quello che nella musica succedeva prima e quello che è successo nei cinque anni successivi. La prima cosa è l’avvento di MTV che apre nell’agosto 1981, è stato il primo canale dedicato interamente alla musica che si sposta dalla parte auditiva della radio a quella visiva della tv grazie a questo nuovo mezzo che è il videoclip; il 1982 parte con una nuova abitudine di di ascolto e di fruizione che sta cambiando progressivamente, i giovani non solo ascoltano la musica ma la possono anche vedere.
Sempre l’82 è l’anno di demarcazione tra quello che c’era prima e il dopo perché vengono commercializzati i cd. Così come nella fruizione c’è uno scarto tra ascolto radiofonico e la visione tv, nell’acquisto e nell’abitudine quotidiana di ascolto della musica si passa da vinile e cassette a cd, è una rivoluzione nell’abitudine e nella tecnologia ma anche economica; l’arrivo del cd comincia a infondere nuove preziose risorse e nuove ricchezze nel mondo della musica che stava vivendo prima di allora uno dei suoi tanti periodici e ciclici momenti di crisi, brillantemente risolti dall’arrivo del cd che fa diventare tutti molto più ricchi dal punto di vista del mercato musicale. Ecco perché il sottotitolo del mio libro è i ‘cinque anni d’oro della musica’ che non vuol dire gli anni migliori ma i cinque anni in cui la musica ha avuto più fortuna, ha travalicato i confini dei soli amanti della musica, andando ad innervarsi nel tessuto sociale nella vita quotidiana di tutto il mondo.
CT: in Pop Life parli della ‘regola dei tre anni’, di cosa si tratta?
LDG: la regola dei tre anni è un saggio molto interessante e illuminante scritto nel 1997 da uno studioso che si chiamava Louis Menand il quale, analizzando un ciclo di tre anni, elaborò un intensissimo concetto chiamato ‘stardom’ che vuol dire lo stato in cui si trova la star, il personaggio che diventa una star nel non solo suo mondo e nel suo ambito. Sono tante le star, personaggi famosi nello sport, nello spettacolo, nella comunicazione e in tutti gli ambiti possibili, ma il momento in cui tu sei illuminato dalla ‘stardom’ è un momento in cui la tua popolarità è al di sopra della ragione della tua stessa popolarità.
Nel caso che analizzo io ci sono personaggi nel mondo musicale ma anche sportivo e tanti altri mondi che per un certo periodo della loro carriera brillano di luce propria al di là di quello che fanno; quello si chiama ‘stardom’ e quello secondo Menand è un periodo che dura tre anni, nel senso che nella tua carriera ci sono tre anni in cui sei al di sopra di tutto il resto ma poi ritorni ad essere normale, per esempio un calciatore come poteva essere Pelè o Maradona o David Beckham a tre anni di assoluto ‘stardom’ dopodiché poteva continuare a fare il suo mestiere. Nel mondo della musica, in quegli anni lì, c’è per esempio il caso clamoroso di Michael Jackson che nell’82 pubblica Thriller che non è solo un disco ma è una rivoluzione culturale, è una cosa che improvvisamente cambia le regole dello show business quindi diciamo che Michael Jackson, da quel momento in poi per tre anni, immaginati Thriller, Bad e Dangerous, in realtà sono più di tre perché sono tutti anni dominati da Thriller nelle classifiche e tutte le sue diramazioni, Dangerous arriverà molto dopo, quindi non consideriamo gli altri due dischi, è Thriller che domina il mercato musicale e Michael Jackson domina il mercato della comunicazione e diventa la più grande superstar del mondo, indipendentemente dal fatto che sia o no un musicista, quella lì è la ‘stardom’. Anche in questo caso la teoria dice la verità perché è l’eccezione che conferma la regola, infatti Menand dice che l’eccezione alla regola dei tre anni sono i Beatles la cui carriera dura sei anni e sono due periodi consecutivi di 3 tre anni ciascuno; alla fine del terzo sono loro a cambiare, nel senso che per i primi tre anni sono una boy band, i ragazzini con la frangia, le cravatte, i giovani ragazzi inglesi per bene che rivoluzionando il mondo della musica pop nel ’64 e ’65. Dal ’66 in poi con Revolver e Set. Pepper improvvisamente cambiano e in pochi mesi diventano giovani intellettuali hippy che hanno tutta un’altra musica e un‘altra immagine, tutto un altro modo di porsi e lì comincia un secondo ciclo di tre anni che li porterà fino allo scioglimento del ’70.
CT: dedichi vari capitoli a star e personaggi, uno di questi è per Tina Turner, la prima a denunciare violenze domestiche a scapito della sua carriera.
LDG: è uno dei casi più clamorosi di quegli anni lì, uno dei concetti che non si è più ripetuto è quello della ‘seconda giovinezza’. Siamo abituati ad artisti che nascono oggi e dopo tre o quattro anni hanno finito la carriera e spariscono. All’inizio degli anni ’80 avevamo nel nostro ascolto dei decenni precedenti una serie di artisti che eravamo convinti avessero detto tutto quello che c’era d’interessante da dire nel corso dei ’70, Genesis e Peter Gabriel solista, Bowie, Springsteen, Paul Simon e altri che pensavamo finiti, mentre invece pubblicano tra l’82 e l’87 i loro best seller, i loro più grandi successi sono in quei cinque anni lì.
Questa è una ‘seconda giovinezza’ che deriva dal fatto che molti di loro hanno interpretato in maniera giusta il video, come per esempio Gabriel e Bowie che si sono adattati molto bene all’epoca di MTV. Uno dei casi più clamorosi è quello di Tina Turner che aveva addirittura saltato a piè pari gli anni ’70. I suoi più grandi successi con il marito Ike erano dei ’60 quindi diciamo che era ampiamente dimenticata sul mercato musicale, ormai aveva più di 40 anni che nel mondo della musica vuol dire essere già anziani e non avere più nessun tipo di rilevanza. Eppure le sue sofferenze, il suo inferno, causate dal fatto di avere un marito violento e prevaricatore che lei ha avuto il coraggio di denunciare, era finalmente libera di cominciare una carriera solista, fino a quel momento un po’ zoppicante, trova il modo di risorgere, con collaboratori importantissimi come Mark Knopfler dei Dire Straits che le produce Private Dancer dell’84, album che la riporta, anzi la porta per la prima volta da solista ai vertici delle classifiche e la fa diventare la regina della musica pop. È una storia molto poetica, molto tosta e dura però è una storia emblematica di quegli anni.
CT: parli anche di Sanremo e, quello di quegli anni, lo definisci un Sanremo superstar, perché?
LDG: il Festival di Sanremo è tra le cose rivoluzionarie di quei cinque anni perché si è aperto in maniera decisa e molto importante alla musica internazionale. Prima di allora gli artisti internazionali che calcavano il palco dell’Ariston come ospiti erano scelti soprattutto tra gli artisti anziani, gente che aveva fatto la storia della musica negli anni precedenti. In quegli anni lì Sanremo diventa la vetrina dei giovani artisti inglesi e anche americani ma direi soprattutto della new wave inglese, quelli che andavano per la maggiore e che dominavano le classifiche sia inglesi che americane. In quei giorni, la sonnacchiosa cittadina di riviera frequentata soprattuto da pensionati, diventava la capitale della musica e dei giovani che da tutta Italia e da tutta Europa calavano a Sanremo per vedere passare sulle loro limousine o aspettare sotto gli alberghi gruppicome Dura Duran, Spandau Ballet, Sade, Frankie Goes To Hollywood, Depeche Mode, Talk Talk ma ce n’erano decine di altri. Ho passato anni a Sanremo come inviato Rai e ho avuto a che fare con Europe, Bangles, Village People, Peter Gabriel, gente incredibile che sembrava impossibile potesse essere inserita in un mondo così tradizionalmente pop italiano come il Festival di Sanremo. Ecco perché l’ho definito superstar.
CT: mi ritrovo pienamente in quello che hai detto perché nel 2010 e 2011 come inviata di Rai Uno, ho vissuto le stesse cose. Durante la presentazione di Pop Life a Rimini hai raccontato un aneddoto legato al primo concerto dei Clash a Bologna svoltosi il giorno prima di quello programmato.
LDG: Clash è una band che ha iniziato una carriera brillante prima di quegli anni lì, nell’82 hanno avuto il loro maggior successo commerciale con Combat Rock che contava pezzi come Rock the Casbah e Should I stay or Should I go. Per arrivarci hanno fatto cose clamorose nella loro carriera come la conquista di New York, la scelta di fare concerti al Bond’s, locale più piccolo di quello che potevano riempire, hanno occupato militarmente il centro di New York per venti giorni e sono arrivati in Italia il 1° giugno 1980 per un concerto a Bologna che dopo 40 anni è ancora ammantato di mistero. Era previsto per il 2 giugno, festa della Repubblica e per vari motivi anticipato di un giorno, cosa che in un era pre internet era difficile da comunicare, era più facile comunicare una cosa rimandata di un giorno, per cui molta gente non riuscì ad arrivare a Bologna in tempo. Io, per un colpo di fortuna, riuscii a sapere due sere prima che la data giusta era il 1° giugno . mi precipitai da Roma, dove abitavo, a Bologna per assistere ad uno dei concerti più storici e leggendari della mia vita.
CT: una domanda più personale, quali esperienze a MTV ricordi con più piacere?
LDG: sono tante le cose perchè ci lavoro dal 1996. I miei ‘figli’ preferiti della mia vita a MTV sono essenzialmente due, l’invenzione di MTV Day che condivido con il nostro capo di allora Antonio Campo Dall’Orto. Già nel ’98, anno dopo il lancio ufficiale di MTV, lui capì l’importanza degli eventi dal vivo in cui mettevamo sul palco gli artisti italiani di nuova generazione, quelli che erano più vicini al nostro progetto di diffusione musicale. Era un festival ad ingresso gratuito che c’era tutti gli anni a Bologna, Arena Parco Nord, in cui facevamo suonare una decina di band che avevano il loro momento di gloria dopo aver avuto un anno di esposizione su MTV. Fu un concetto interessante di grande efficacia che ha cambiato la storia degli eventi musicali in Italia, diciamo di massa.
La seconda cosa, più piccola ma per me altrettanto soddisfacente, è l’aver portato in Italia all’inizio degli anni 2000 un format di VH1 americano che era ‘Storyteller’, una sorta di concerto raccontato, per cui in una situazione intima, tutto il contrario di MTV Day, un’artista poteva raccontare il modo in cui erano nate le sue canzoni eseguendole in un contesto molto intimo, molto raccolto. ‘Storyteller’ è stato il primo progetto multi piattaforma nato da un’idea televisiva perché già all’epoca, il primo nel 2005, poi almeno una trentina se non di più con tutti i maggiori artisti italiani, è stato una serata che nasceva addirittura on line, nel 2005 su mtv.it dopdichè ha avuto la sua declinazione televisiva, sono usciti cd, dvd, un libro, un progetto che è andato veramente su tantissime piattaforme. Sono ancora molto fiero di averlo proposto e di aver avuto chi, sopra di me, ci ha creduto e me lo ha lasciato fare.
CT: una domanda che può sembrare banale, cosa è per te la radio?
LDG: la radio è il modo più immediato e più efficace di diffondere la musica.
CT: Disco Diva è il festival dedicato alla disco music; plasmandosi con il rock la disco è migliorata?
LDG: per riferirsi a quegli anni, non c’era più la disco, era finita all fine dei ’70, la musica da ballare c’è ancora adesso e l’evoluzione negli anni ’80 l’ha portata a definirsi dance music, club music o chiamala come preferisci. Il concetto del ballo e i luoghi sacri del ballo, cioè le discoteche, ospitavano musica differente perché arrivava da altre radici, una di queste era proprio il rock. Al Paradise Garage di New York che è stata una delle notti più importanti della mia vita, si ballavano anche i Clash, si ballava la musica afro di Manu Dibango e altre cose che avevano come comune denominatore il ritmo e la ballabilità così come in discoteca negli anni ’80 si ballava Madonna,Duran Duran e tante altre cose che arrivavano da radici diverse, ovviamente Michael Jackson, Prince e tutte quelle che sono state le grandi star degli ’80.
Per rispondere all tua domanda, il rock e la disco si sono incontrate in maniera naturale, è stato un momento di esposizione ufficiale sul dancefloor, la discoteca in quegli anni è diventata un media efficace quanto la radio, chi andava in disco non lo faceva solo per ballare ma anche per conoscere nuova musica, erano luoghi in cui si imparavano nuovo suoni e si conoscevano nuove canzoni che il giorno dopo, a me succedeva così, si andava nel negozio di dischi e si diceva al negoziante: ieri sono andato in quella discoteca lì, mi dai i dischi che ho sentito? E il negoziante lo sapeva. Èuna di quelle le cose molto poetiche, molto belle della storia della musica da ballare.
CT: che oggi purtroppo non esiste più.
LDG: oggi si balla soprattutto musica revival.
Luca De Gennaro, uno dei più autorevoli esperti di musica in Italia, è conduttore radiofonico, manager televisivo, giornalista, docente universitario e DJ. Ha iniziato nelle prime radio libere, poi a Radio Rai, Radio Capital, MTV. Ha aperto i concerti di U2,, Eminem, Vasco Rossi, Ligabue, Negramaro. Ha scritto libri di argomento musicale. La sua produzione più recente è il podcast “Live – io c’ero” in cui Luca racconta gli innumerevoli leggendari concerti da lui visti in tutto il mondo. Una vita dedicata alla musica.
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